CASSARÀ, LUPATTELLI, OVANI

Trame Silenziose
Un dialogo tra silenzio, materia e trasformazione

La complessità delle immagini ha profonde radici neurobiologiche: esse sono l’ombra di una esperienza soggettiva legata ai propri interessi e scopi. Sembra che nella società infocratica la strategia vincente sia vivere l’altro della propria immagine, ponendo degli argini nei confronti dell’ “ombra di vita”.
Tale condizione evidenzia l’esigenza di riuscire a riconoscere i propri fantasmi
mediali e a orientarli in modo espositivo, per il raggiungimento dei propri domini espressivi. D’altra parte, la vita artistica di Paolo Cassarà, Giorgio Lupattelli e Moreno Ovani, senza il “riflesso iconico”, sarebbe semplicemente inconcepibile. Non soltanto perché gli artisti diventerebbero dei semplici apologeti dell’AI, ma soprattutto perché la possibilità di estensione del proprio segno si ridurrebbe in modo significativo. In generale, le immagini e le
sculture di Cassarà, Lupattelli e Ovani svolgono una funzione di adattamento all’ombra della propria realtà, perché consentono ai tre artisti di rispondere in “modo mediale” (analogico e pertinente) agli stimoli del paesaggio infocratico.
A differenza delle idee, le immagini si manifestano agli altri in modo più o meno evidente: dal simbolo alla luce, dal tremore del chiaroscuro al rossore o
al virato del confronto con la fotografia. Quindi, partiamo dal suo titolo: Ombre di vita. Non è solo una questione di reale. Tra metodi artistici e tecniche, corre la stessa relazione e distinzione che esiste fra la riflessione dell’iconografia fotografica e la composizione stessa, dove la nozione “ombre di vita” rivela il suo significato di discorso sul reale. Si tratta di sapere in che cosa l’opera singola di Cassarà, Lupattelli, Ovani, sia in rapporto con i propri riflessi e l’attinenza speculare.

 

Cassarà ha osato lavorare con una tecnica considerata obsoleta, la terracotta policroma. Per Cassarà la visualizzazione del costume on the road è fonte di ispirazione sociologica, attraverso risultati iconico-plastici (tridimensionali) il segno è sottilmente malinconico e ironico. Nel 1994, Cassarà ha partecipato ad Icastica, da me curata alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, producendo una
dimensione che si confronta con la lezione del fumetto a quattro dimensioni. Il suo lavoro non smette mai di apparire sagomato e tentacolare. Non chiedere a un racconto “nouveau” di tendere la mano destra verso di te. Soprattutto, non iniziare dall’inizio srotolando i lavori lungo il pendio convenzionale della cronologia. Cominciare dall’inizio significa sempre prevedere la fine. Insegnando solo questo,
ci manca sempre l’immanenza dell’oggetto e della sua torsione. Allora, per Cassarà bisogna entrare così, per il percorso che si offre a tutto tondo, la
scultura-connessione del momento. Poi vedremo come mappare il suo sovrabbondante arsenale di immagini e idee. Più la sua opera è eterogenea, più
le molteplicità si intrecciano, e più ingressi ci sono.

Nei primissimi anni ’90 Giorgio Lupattelli ha praticato l’area del Medialismo perseguendo una traiettoria assolutamente decisa e determinante nel campo della grafica pubblicitaria, del disegno industriale, dell’architettura, della scenografia, della fotografia, del video e del cinema. La sua opera è un manuale completo sulla flessibilità della composizione transmediale. Costantemente giocato sui due versanti della lettura e della produzione: è una guida alla cultura del progetto grafico e alle attuali tecniche di ricomposizione dei vecchi e dei nuovi media. Lo stile della sua immagine è piacevole ed accessibile, senza rinunciare alle “ombre conflittuali” della contraddizione pubblicitaria e cronachistica.
Le sue installazioni pittoriche contengono progetti significativi e case history illustrati, con immagini e post-fotografia che mettono in discussione il linguaggio AI o l’infatuazione neo-espressionista! Il suo stile è inconfondibile e unico. Predilige nel disegno tecnologico, nella restituzione schermatica, campiture strette e fitte che contengono l’equilibrio zen e il nervosismo tecnologico. Lupattelli stravolge una serie di convenzioni della fotografia tradizionale, divenendo un vero e proprio regista che, prima dello scatto definitivo, pianifica al meglio l’immagine nella sua mente finendo per averne il pieno controllo pittorico. Non semplici quadri cromatici, ma il risultato di riprese curate al dettaglio, dalla scenografia ai costumi, dalla luce all’azione degli attoriprotagonisti. È come se Lupattelli volesse stimolare l’immaginazione degli osservatori, incitandoli inconsciamente a costruire storie, a pensare a cosa sia accaduto prima del momento rappresentato e a cosa potrà accadere successivamente.

Moreno Ovani crea un momento iconico indimenticabile per ogni frame pittorico. La libido coincide con l’Eros dei pittori e dei filosofi e “mantiene la coesione di tutto ciò che vive”. Siamo così al cospetto dell’incommensurabile e delicata opera d’arte del corpo, tra giganteschi e incredibili volute di sguardi verso lo spettatore. Sfumati dipinti di affascinanti tonalità di colore. Raggi e prospettive luminose curvilinee, trasparenze, luci velate e controluci. Mistici e morbidi panorami virginali, che si alternano a spirituali scenari incandescenti. Le pulsioni di morte invece sono una “forza primaria, demoniaca”, il ritorno a uno stato precedente. Dai suoi primi rilievi encaustici fino al suo lavoro più recente per l’Eros e la ricerca di Diotima, Ovani continua a varcare confini e a presentare i suoi soggetti in modi inconsueti e batailliani. È imprevedibile, non pretenzioso e, soprattutto, incredibilmente travagliato, come i “neri colti” e raffaelleschi di Omar Galliani! È una pittura in cui la persona, o il suo volto, sono l’elemento dominante e può raffigurare singoli soggetti o gruppi. L’obiettivo è quello di rendere il carattere o l’umore della soggettività femminile: a ciò possono contribuire la posa, l’atteggiamento, l’illuminazione, l’ambientazione e il substrato di manifesti pubblicitari, che l’ombra, la tessitura iconica e quasi virata, copre. Il ritratto non è usato come documentazione addomesticata, come la tipica foto di famiglia, ma come lo scarto dell’enigma erotico, della magia dell’espressione! L’inquadratura pittorica, ravvicinata al soggetto, il primo piano mediale, rende meno dispersivo il dettaglio e contribuisce a ridurre gli elementi di perturbazione. L’illuminazione malinconica di Ovani crea toni su toni, atmosfere; un uso creativo della luce e delle sue ritorsioni può rendere un soggetto emotivo, freddo e distaccato, surreale, magari sorprendente, fantasmatico o familiare!

Infine Alessandro Leanza, il gallerista storico di Laboratorio 41, perseguendo la tradizione dell’officina di ricerca non solo non disdegna la sua storia fatta di autori come De Dominicis, Villa e Mussio, ma si fa curatore e interprete anche dei linguaggi artistici di oggi che inderogabilmente attraversano le nuove ombre di vita e le conseguenti suggestioni mediali.

Gabriele Perretta
Segno 299

Barbara Caterbetti
Segnonline